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QN: PMI ITALIANE, ORA SERVONO NUOVE VISIONI STRATEGICHE

By 23 Giugno 2025No Comments

L’analisi sulle nuove coordinate per il capitale paziente in relazione alle mid-cap e l’attuale scenario economico di Giulio Gallazzi

IL 2025 si sta delineando come un anno di transizio­ne profonda: un cambiamento di paradigma che in­veste la geofinanza globale, il sistema degli scambi commerciali e il ruolo delle banche nei processi di sviluppo industriale. A fronte di una crescente insta­bilità negli equilibri internazionali, si aprono – per un Paese come l’Italia – spazi di manovra che richiedo­no visione strategica, capitale paziente e un rinnova­to protagonismo del tessuto produttivo di qualità. L’inasprirsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti, Cina ed Europa – ulteriormente alimentate dall’agenda protezionista del nuovo mandato presi­denziale statunitense – sta progressivamente ridise­gnando la geografia delle catene del valore. Secon­do le previsioni del Peterson Institute, entro il 2026 oltre il 40% dei flussi di beni tecnologici ad alto valo­re aggiunto potrebbe essere soggetto a nuove for­me di dazi o restrizioni, con effetti rilevanti sull’infla­zione strutturale e sulla competitività. In questo con­testo, l’Europa e l’Italia sono chiamate a una rispo­sta proattiva: la reindustrializzazione selettiva, con investimenti in filiere strategiche e il reshoring di as­set produttivi, non è più solo un’opportunità, ma una necessità.

In un’Europa dove Germania e Francia stanno raf­forzando le loro politiche industriali attraverso fondi sovrani, sgravi fiscali mirati e piani strutturali per la competitività, l’Italia è chiamata a non restare spet­tatrice. Il rischio non è solo di perdere investimenti esteri, ma anche di assistere a una fuga di capitali e talenti verso ecosistemi più attrattivi. Serve una stra­tegia nazionale fondata sulla qualità industriale e sul­la valorizzazione delle piccole e medie imprese, do­ve il Paese esprime un vantaggio competitivo anco­ra sottovalutato.

La normalizzazione della politica monetaria da par­te della BCE, che prevede un graduale abbassamen­to del tasso di deposito al 2% entro fine anno, rap­presenta un cambio di passo significativo per il siste­ma bancario europeo. In Italia, questo si traduce nel­la possibilità di rilanciare il credito all’economia rea­le, soprattutto per le PMI industriali ad alta intensità di capitale. Ma il vero fattore critico sarà la capacità di coniugare velocità decisionale e valutazione pro­spettica. Le banche dovranno evolvere verso un ruo­lo più consulenziale e orientato alla filiera, sostenen­do i progetti industriali con logiche di partnership più che di mera intermediazione.

Come evidenziato dai report di gennaio e febbraio 2025 di Intermonte, le valutazioni relative delle mid e small cap italiane sono tornate ai livelli più bas­si degli ultimi quattro anni. A febbraio, il P/E medio del segmento era al 19% rispetto alle large cap, in linea con la media storica ma ben sotto i picchi del recente passato. Questo repricing offre agli investi­tori un’opportunità rara di ingresso su aziende con fondamentali solidi e posizionamenti di nicchia diffi­cilmente replicabili. In particolare, settori come la manifattura avanzata, le infrastrutture per la transi­zione ecologica e la tecnologia industriale mostra­no segnali positivi. Il caso Fincantieri – +24% di per­formance azionaria e revisione al rialzo degli utili del 37% nei primi due mesi del 2025 – è emblematico. Ma anche Maire Tecnimont, protagonista della tran­sizione energetica, e SESA, leader nell’ICT per il B2B, rappresentano modelli virtuosi di crescita inte­grata tra innovazione, capitale umano e internazio­nalizzazione.

Il Fondo Nazionale Strategico – con una dotazione iniziale fino a 1,5 miliardi di euro – rappresenta un volano fondamentale per invertire il trend di disinve­stimento dalle mid cap italiane registrato negli ulti­mi tre anni. L’obiettivo dichiarato di affiancare capi­tale pubblico e privato in una logica di lungo termi­ne può restituire fiducia agli investitori istituzionali, soprattutto esteri, attratti dalla stabilità politica ita­liana e da valutazioni competitive rispetto ai princi­pali mercati europei. L’Italia dispone di asset unici per intercettare il nuovo ciclo geo-industriale: una rete diffusa di PMI manifatturiere, leadership tecno­logiche verticali e un capitale umano altamente specializzato. Ma serve un’alleanza tra capitale finanzia­rio e capitale industriale per colmare il gap dimensio­nale che ancora penalizza molte eccellenze italiane nei processi di internazionalizzazione. In questo sce­nario, gli investimenti in transizione energetica, digi­talizzazione industriale e cybersecurity si configura. no come driver imprescindibili per sostenere la com­petitività delle imprese nei prossimi anni.

II ritorno del valore passa oggi per la capacità di di­scernere. In un contesto dominato dalla polarizzazio­ne tra hype e rendimenti reali, la costruzione di por­tafogli resilienti richiede una logica selettiva basata su fondamentali, visione strategica e governance so­lida. Le mid e snnall cap italiane, se lette con occhi attenti e investite con orizzonti di lungo periodo, rap­presentano una delle migliori proxy per la rinascita industriale del Paese. Chi aspetta segnali definitivi ri­schia di perdere l’occasione di posizionarsi quando il ciclo è ancora favorevole. Il tempo dell’attesa è fini­to: è il momento delle decisioni strategiche. La diffe­renza non la farà chi rincorre i trend, ma chi sa co­struirli. Con metodo. Con pazienza. E con capitale che crede nel futuro industriale dell’Italia.

* Presidente e CEO di SRI Group

https://www.quotidiano.net/economia/finanza/pmi-italiane-ora-servono-nuove-d769ed41